20.04.2020
Faccio seguito alla mia precedente elucubrazione, che spero abbia indotto i cortesi lettori alla riflessione, per sottolineare due aspetti che, a me, sembrano di grande rilievo.
Il primo riguarda il «non cale», nel quale ricade il fondamentale dell’uomo della strada; il secondo è l’interessante silenzio degli scienziati “autonomi”.
Entrambi gli aspetti sono legati al tema della “ripresa” delle attività produttive, la quale andrebbe interpretata, a mio parere, nell’interesse dell’ignaro cittadino come segue.
Ognuno di noi soffre il lungo periodo di reclusione e, quindi, è comprensibile che scalpiti per tornare alla libertà. Ma la domanda propedeutica a tale situazione quale è?
Che il ritorno alla libertà non sia foriero di un più grave ritorno ai contagi.
Bene: i maggiorenti del Governo, dell’opposizione, delle regioni sentono il fiato sul collo delle diverse lobby che reclamano la riapertura e, dipendendo anche dai loro voti, tendono ad ascoltarle. Non possono però, in fondo per lo stesso motivo, rischiare una pericolosissima recrudescenza degli effetti del virus, cosicché si affannano nella «produzione» di svariate, nonché fantomatiche soluzioni.
A me, uomo della strada, sembra che l’agognata fase 2 non si dovrebbe proporre quando la chiusura della precedente è lontano dal realizzarsi. In ogni caso, la locuzione «occorre convivere con il Covid-19» avrebbe, sempre a mio modesto parere, ragione di sussistere se ci fossero già delle cure per fronteggiare la malattia ed all’orizzonte il vaccino per sconfiggerla.
In assenza di ciò, rimane solo il rischio, come sperimentato in altri Paesi, di una più violenta recrudescenza del morbo.
Se ho ragione, ma in molti diranno di no, la situazione non è matura per la seconda fase e sostenerlo per dar modo a fabbriche, fabbrichette, negozi, negozietti di riaprire può essere un errore, che potrebbe pagarsi caro anche in termini di vite umane.
Interessante, al riguardo, l’assordante silenzio degli scienziati autonomi, quelli, cioè, che non appaiono quotidianamente sui media per appoggiare, sia pure con discrezione, l’opinione di questa o quella formazione governativa, partitica o commercial farmacologica.
Peraltro, ai predetti studiosi autonomi non si fanno giungere aiuti finanziari che per la ricerca sono indispensabili e mai sufficienti, mentre imperversano le raccolte di fondi per le mascherine e quant’altro che, fin da principio, si sarebbero potute produrre autarchicamente.
Eppure, la soluzione al problema, che sia in fase uno, due, tre dipende da loro o, se crediamo, dall’ispirazione che potranno ricevere da Lassù.
Nel frattempo Confindustria ha designato il suo nuovo presidente, il quale, in attesa della conferma assembleare, si è prodigato nel sottolineare l’esigenza della ripresa di attività, badando a sottolineare che lo Stato ha il compito di sostenere le imprese. La mia impressione è che cambiano i presidenti ma non gli atteggiamenti operativi, considerando che, salvo rarissime eccezioni, gli imprenditori non hanno dato alcun anticipo ai lavoratori in attesa degli importi di cui alla cassa integrazione guadagni, il che significa scarsa propensione alla collaborazione nel sociale.
Claudio Bianchi