(9) Segue: Le prospettive…

Il mio silenzio questa volta è stato particolarmente lungo. Sono sicuro, però, che neanche i più amici tra i lettori ne avranno sofferto. Ma ora, superati gli impegni di marzo ed aprile, non ce la faccio più a trattenere l’angoscia che mi attanaglia per la conduzione di questo Paese.

Le elezioni politiche hanno consegnato al Parlamento tre forze incompatibili, come ha dimostrato l’insuccesso del mandato all’On. Bersani.

Oggi, con la stessa situazione parlamentare, abbiamo un Governo retto da due schieramenti politici assolutamente “nemici”, che, per il bene della Patria, hanno deciso di collaborare.

Al dieci di maggio la collaborazione si è estrinsecata con varie scintille nella scelta dei presidenti delle Commissioni parlamentari e nello stucchevole ripetersi di promesse circa l’abolizione di imposte, provvedimenti per il rilancio dell’economia ed a tutela dei giovani in cerca di occupazione, nonché di sostegno alle imprese.

Il Presidente del Consiglio, come primo atto dopo la nomina, si è recato dalla Cancelliera Tedesca e, poi, in altre capitali europee per esporre il suo programma, che essendo assolutamente evanescente, deve aver incassato il solito monito “rispettare il patto di stabilità”, “rientrare con il debito nei limiti dello stesso”.

Che tristezza! Basta pensare all’impegno per il congelamento della rata dell’IMU di giugno, ormai decisa anche se non appaiono individuati i mezzi compensativi per rifondere del mancato incasso i Comuni.

Intanto, l’Appennino Tosco-Emiliano seguita a smottare, le perturbazioni atmosferiche danneggiano terreni agricoli e non, mentre crescono le richieste di riconoscimento delle condizioni di calamità naturali.

L’opinione pubblica viene, però, volutamente distratta dai guadagni di parlamentari, manager pubblici, dipendenti di Camera e Senato, con il plauso per gli esponenti parlamentari del Movimento 5 Stelle che si autoriducono le indennità, anche se, ormai, pure tra di loro c’è qualche resistenza che il Leader non riesce a contenere.

La verità è che i “costi della casta” possono anche essere ridotti, come è giusto che sia per ogni forma di spreco nella doverosa ricerca dell’efficienza, ma, purtroppo, non saranno quei tagli a fornire i mezzi sufficienti per rilanciare l’economia e quindi l’occupazione.

Non nego con ciò che quelle razionalizzazioni siano necessarie, ma, piuttosto, che non è corretto presentarle come la via per uscire dalla recessione.

Tale via, lo so che mi ripeto, transita attraverso una programmazione fatta di obiettivi, di tempi, di corretta valutazione dei costi, di ricerca dei mezzi finanziari, tra i quali non va disdegnato il capitale di credito. Ritorno, insomma, a proporre la mia tabella del mese di gennaio sicuro che attraverso i valori che essa può contenere non si prende in giro nessuno e non si alimenta il risentimento in una stravagante, per l’epoca, riedizione della lotta di classe.

Intellettuali estremamente provveduti si impegnano continuamente nel proporre interventi su aspetti che, secondo la sensibilità dell’uno o dell’altro, appaiono prioritari.

In tale contesto leggiamo proposte sul contenimento del costo del lavoro per aiutare le imprese, con gli oneri contributivi, guarda caso, a carico dello Stato.

Non reputo interessante entrare nel dettaglio delle diverse proposte di individui, movimenti, associazioni, ma sono convinto che sia necessario fare un discorso chiaro in ordine all’aiuto alle imprese.

Sono convinto, infatti, che una programmazione razionale debba anche indicare i settori su cui intervenire, privilegiando quelli con maggiori prospettive e strutturalmente più vocate al conseguimento dell’“obiettivo paese”.

Cerco di spiegarmi facendo ricorso alla memoria per citare un caso emblematico del passato.

Lo Stato, tramite la finanziaria FIN Mare, seguitò a sostenere la Società impegnata nel trasporto persone sulle rotte oceaniche, in particolare verso gli USA, non valutando che tale attività non aveva domani, dopo che il trasporto aereo si era strutturato e consentiva al viaggiatore risparmio di tempo e di costi.

Insistere, ritenendo di poter salvare l’occupazione fu catastrofico, sia per la Società di navigazione interessata, sia, ovviamente per gli occupati.

Se si fosse avuto uno sguardo più proiettato verso il futuro, quelle navi ed i loro equipaggi si sarebbero potuti convertire nel business crocieristico, che ha, successivamente, dovuto affrontare il boom di domanda con navi di struttura e dimensione diversa.

Ecco, perché, ho detto in occasioni precedenti, e riproposto nel modello programmatico, che per rioccupare è necessario investire nella riconversione dei lavoratori.

È evidente, anche se ciò non piacerà a tutti, che non condivido i proclami sulla generalizzazione degli aiuti alle imprese, perché occorre, a mio sommesso parere, un discrimine programmatorio che favorisca quelle con autentiche prospettive anche in chiave occupazionale.

Ma sembra che questa linea non voglia seguirla nessuno, forse sarà ritenuta sbagliata, ma io non condivido tale giudizio e rimango ancorato al convincimento che occorra un’autentica svolta nel modo di governare l’economia in questo Paese, specie se questa non dà segni di scuotimento dal letargo recessivo in cui è caduta da anni.

L’Europa non approverebbe un metodo di governo che si poggiasse in parte sul ricorso al credito? Basta convincerla, dati alla mano, che la transitorietà dell’indebitamento si dimostra con la ripresa del volano produttivo, il quale, alimentando le entrate tributarie, consentirebbe il rimborso del prestito finalizzato a finanziare il piano per uscire dalla recessione.

In verità, debbo prendere atto che molti governativi e supporter politici puntano sulle «riforme» per attraversare definitivamente il tunnel recessivo.

L’aspetto è interessante ed, in qualche modo, io stesso propongo una riforma di conduzione dell’economia, ma, da quanto capisco, le proposte dovrebbero concernere la Costituzione Repubblicana e questo francamente mi preoccupa. Non faccio tale affermazione per arroccamento conservativo o perché la nostra Carta Costituzionale è stata giudicata tra le migliori al mondo, ma perché il tema è importante ed ha ragioni di approfondimento, come gli aspetti concernenti la struttura degli Enti locali, ma non riesco ad interpretarlo come un elemento prioritario, rispetto alla «fame» che comincia ad attanagliare il Paese.

Altra riforma, molto sbandierata in campagna elettorale, ed ora ripresa senza particolare enfasi è quella elettorale. Certo del «Porcellum» qualcuno se ne è avvalso ed altri ci speravano, comunque neanche questa è una priorità per chi non ha più lavoro ed in genere per coloro che non intravedono il futuro.

Il “pragmatismo” dell’attuale Presidente del Consiglio, dopo il ritiro di due giorni con l’intero Gabinetto, esprime sospensione IMU, CIG, aiuti alle imprese?!

A me piace il substrato numerico, che deve dimostrare non solo che si trovano i mezzi finanziari per attuare ciò che si dichiara, ma che gli effetti dei provvedimenti dimostrino l’effettivo innesco della risalita.

Io ritengo, o meglio ribadisco, che occorra parlare chiaro avendo un progetto che, con i crismi della programmazione, indichi l’obiettivo, la strada, il tempo, le modalità.

Ciò non può far felici tutti contemporaneamente e subito, ma deve dar conto che la ripresa, sottesa alla proposta operativa, costituirà un vantaggio generalizzato al realizzarsi degli obiettivi proposti.

A questo punto, vorrei capire se l’idea è condivisa dal “non partito di maggioranza relativa”, dal quale può dipendere il cambiamento, soprattutto se, come credo, all’interno può contare su forze autenticamente giovani e vogliose di essere protagoniste di un cambiamento che non può più attendere e che non potrà mai venire fuori da movimenti di mera contestazione, come la realtà odierna dimostra.

 

Claudio Bianchi