Nuove norme per il rinnovo dei CdA nelle società quotate

Il Disegno di legge sulla competitività dei capitali ottiene l’approvazione alla Camera, grazie alla votazione del 6 febbraio scorso. Il provvedimento voluto dal Governo e predisposto dal Ministero dell’Economia ha lo scopo di stimolare la crescita finanziaria attraverso norme di semplificazione e di agevolazione per le società che si apprestano al collocamento in Borsa o all’emissione di obbligazioni. L’obiettivo auspicato è quello di attrarre risorse verso Piazza Affari, facilitando l’accesso ai capitali da parte delle piccole e medie imprese.

Muta la disciplina della presentazione delle liste da parte del Consiglio di Amministrazione delle società quotate in occasione del rinnovo degli organi apicali. Si consente di prevedere nello statuto societario che il consiglio di amministrazione uscente possa presentare una lista di candidati per l’elezione dei componenti del medesimo organo di amministrazione, purché, tra le altre condizioni, essa contenga un numero di candidati pari al numero di membri da eleggere maggiorato di un terzo.

Viene disciplinato, in dettaglio, il numero dei consiglieri spettanti in base ai risultati ottenuti dalla lista dei consiglieri uscenti. L’applicazione delle disposizioni introdotte è prevista a decorrere dalla prima assemblea convocata per una data successiva al 1° gennaio 2025.

In caso di vittoria della lista del CdA uscente, si dispone che in assemblea si tenga una seconda votazione sui singoli nominativi, a cui partecipino tutti gli azionisti, compresi quelli che hanno presentato liste alternative o di minoranza. L’articolo 12 che disciplina il rinnovo dei board stabilisce, inoltre, che Il Cda presenti una lista con un numero di candidati superiore di un terzo ai posti previsti:

  • Se la lista di minoranza raccoglie meno del 20% dei voti, concorre alla ripartizione dei posti in CdA in proporzione ai voti ottenuti in assemblea;
  • Se la lista di minoranza prende più del 20%, ma non i 2/3, i posti si distribuiscono proporzionalmente al voto raccolto insieme alle altre liste che hanno ottenuto più del 3%.

Dunque, le minoranze potrebbero adottare comportamenti opportunistici o di «veto» su alcuni nomi, riuscendo ad aggregare pacchetti di voti contro o a favore di una singola nomina, generando così condizioni di ingovernabilità nelle imprese. Il nuovo testo potrebbe favorire, di fatto, proprio le minoranze, “sovra-rappresentandole”.

Un’altra modifica è quella attinente alla elevazione del numero massimo di voti, da tre a dieci, che si possono attribuire a una speciale categoria di azioni, le cosiddette azioni a “voto multiplo”, che può essere adottato solo prima della quotazione della società in borsa.

È consentito assegnare fino a dieci voti, invece che due, al socio “fedele”, che detenga le azioni per almeno dieci anni; si tratta del “voto maggiorato”, a disposizione sia delle società di futura quotazione sia di quelle già quotate. A trarne vantaggio sono i soci di controllo di lungo termine, mentre sono penalizzati gli investitori a breve.